Marcell Jacobs e la passione per i diamanti: quel “dettaglio” a Tokyo 2020

Non è passato inosservato il dettaglio indossato da Marcell Jacobs alle Olimpiadi di Tokyo 2020. Ecco il suo valore.

Marcell Jacobs, velocista italiano, è ormai entrato nella storia dell’atletica leggera dopo aver trionfato alle Olimpiadi di Tokyo 2020. Il primo agosto, Jacobs ha scritto una pagina di storia, classificandosi al primo posto nei 100 metri. E’ lui, dunque, l’uomo più veloce al mondo con i suoi 9″80. Un record e un bella pagina di storia, tutta italiana, scritta a Tokyo. Tra le tante curiosità emerse nel corso di questi giorni, c’è anche una passione del campione olimpico per i gioiello. Infatti, notando il suo profilo Instagram, si notano spesso, nelle foto, accessori, gioielli scintillanti e preziosi dal valore di centinaia di euro. In una delle sue foto, al suo braccio, compare il “Love Bracelet” di Cartier. Un modello tradizionale in oro giallo, venduto a 6.900 euro.

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Sembra anche, riporta Fanpage, che quella di Jacobs sia una vera e propria passione. Infatti, durante le corse, indossa sempre un set coordinato di collier e bracciale, entrambi in oro giallo con dei diamanti incastonati. Spesso indossa anche un altro braccialetto più sottile sempre in oro bianco e diamanti. Di questi, però, non sappiamo la marca e il valore.

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Il passato di Jacobs

Intanto, altri dettagli sembrano emergere dal suo privato. Uno di questi riguarda il delicato rapporto con il padre. Nato ad El Paso in Texas da padre statunitense e madre veneta, Jacobs fin da piccolo è cresciuto a Desenzano del Garda. Il suo passato è segnato dalla separazione dolorosa col padre, ex militare dell’Us Army alla base di Vicenza. “Mio padre, da bambino, non lo ricordo. Dal momento in cui con mamma siamo rientrati da El Paso, è cominciata la nostra personalissima sfida a due. A scuola ero in difficoltà. Disegna la tua famiglia, mi diceva la maestra: io avevo solo mia madre da disegnare e ci soffrivo. Chi è tuo papà, mi chiedevano gli amici da ragazzino: non esiste, rispondevo, so a malapena che porto il suo nome. Per anni ho alzato un muro. E quando mio padre provava a contattarmi, me ne fregavo”, ha raccontato il campione al Corriere della Sera prima delle Olimpiadi. Poi, la svolta con la mental coach Nicoletta Romanazzi, che l’ha aiutato a lavorare su tutte le sue paure.

Oggi, i rapporti sembrano essere migliorati: “Con mio padre non è ancora tutto risolto, però almeno con papà ora comunichiamo. […] Lo odiavo per essere scomparso, ho ribaltato la prospettiva: mi ha dato la vita, muscoli pazzeschi, la velocità. L’ho giudicato senza sapere nulla di lui. Prima se una gara non andava bene davo la colpa agli altri, alla sfortuna, al meteo. Adesso ho capito che i risultati dipendono solo dal lavoro e dall’impegno”, ha spiegato il campione olimpico.

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