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Fine del lavoro a 56 anni, così cambieranno le pensioni

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Riccardo Magliano

Novità sul fronte della riforma delle pensioni. Ancora discussione per il post Quota 100 con governo e sindacati a confronto.

Il 27 luglio si è tenuto un incontro tra il Governo e i sindacati per discutere dalla riforma delle pensioni dopo la fine della sperimentazione di Quota 100. Durante l’incontro le due parti si sono confrontate sulle misure da introdurre con la nuova riforma delle pensioni che dovrà uscire nel 2022. Per i sindacati la formula di Quota 41 è ancora la migliore per sostituire Quota 100, ma il Governo Draghi è di tutt’altro avviso e invece di inserire nella riforma una nuova formula di pensionamento anticipato, preferisce mantenere e potenziare quelle già presenti.

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La misura Quota 41, similmente a Quota 100, prevede il pensionamento anticipato al raggiungimento di un ammontare di anni di contributi. Nel caso di Quota 41 tale ammontare sarebbe di 41 anni. La formula prevede che tutti possano andare in pensione una volta maturati 41 anni di contributi, a prescindere dall’età anagrafica. Questo, come è facile intuire, a vantaggio di chi ha cominciato a lavorare e versare contributi molto presto: con Quota 41 una persone che ha cominciato a lavorare a 18 anni potrebbe andare in pensione prima dei 60. La misura è già stata più volte giudicata troppo costosa per le casse dello Stato, che devono ancora riprendersi dalle spese di Quota 100 e dai contributi versati per aiutare chi riportato delle difficoltà in seguito alla pandemia. In particolare l’INPS, nella persone dal presidente Tridico, si è opposto fermamente alla misura.

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Il piano del Governo Draghi è invece quello di potenziare i sistemi di pensionamento anticipato già esistenti. L’Esecutivo sembra sempre più deciso a promuovere la soluzione della pensione per quote, con una prima forma di pensionamento a 62 anni di età anagrafica per la sola quota contributiva e a 67 anni per la quota retributiva. Novità importanti arriverebbero per quanto riguarda le misure di Opzione Donna e Ape Sociale. Nel primo caso l’opzione verrebbe integrata permanentemente nel sistema pensionistico, mentre la seconda dovrebbe vedere un rafforzamento, ad esempio l’estensione della lista dei beneficiari a lavoratori con lavori usuranti.

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