Fine del lavoro a 64 anni, ma puoi farlo solo nel 2022. Cosa ha deciso Draghi sulle pensioni

La mediazione del governo Draghi per arrivare all’ok alla legge di bilancio. Quota 102 dovrebbe interessare 50mila persone nel 2022. Le simulazioni degli importi.

Pensioni, le chiacchiere stanno a zero. Cosa davvero vuole fare Draghi
Mario Draghi

Dunque il Cdm ha deciso, si andrà in pensione a 64 anni di età con 38 anni di contributi. Mario Draghi ha mediato tra le varie parti del governo, cercando di trovare una soluzione ibrida che potesse accontentare tutti, provando allo stesso modo di avvicinare i sindacati, che avevano minacciato scioperi generali se non fossero stati ascoltati. La manovra, presentata in cabina di regia per completare la legge di bilancio sarà dunque varata in giornata. C’è da sottolineare un aspetto chiave: avrà una durata di un solo anno ed è firmata dal titolare del dicastero dell’economia Daniele Franco.

L’accordo non è stato facile e la sua durata limitata cerca di compensare gli “accomodamenti” richiesti dai partiti, ma soprattutto da quanto preteso dai sindacati, che chiedono una riforma più vasta delle pensioni. A sua volta la Lega si è convinta grazie ai 500 milioni di ammortizzatori dedicati ai lavoratori privati, di PMI, che sarebbero penalizzati da questa riforma a tempo.

Dunque sarà prorogato l’Ape sociale, con allargamento delle attività gravose. Quest’ultima, a partire dal 2017, è stata utilizzata da sole 20mila persone rispetto ad una platea complessiva di 127mila, probabilmente a causa dei 36 anni di contributi totali richiesti. Invece dal prossimo anno potranno accedere a questa misura i lavoratori che abbiano accumulato 63 di anzianità e 38 di contributi, quindi ci rientrerà chi poteva sfruttare quota 100.

L’Ape sociale così sarà dedicata a chi ha raggiunto i 63 anni ma con meno di 38 di contributi, con un minimo di 30 se si è disoccupati ed è esaurita la Naspi da almeno 3 mesi. In alternativa bastano i 36 anni di versamenti se si chiede il sussidio per aver svolto un’attività faticosa.

Riforma pensioni, cosa comporta quota 102

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A queste soluzioni si aggiunge Opzione Donna, la possibilità di andare in pensione con almeno 58 anni per le lavoratrici dipendenti e 59 per quelle autonome che abbiano almeno 35 anni di contributi una volta decorso un anno di finestra mobile (18 mesi per le lavoratrici autonome). In questo caso il calcolo della pensione è interamente contributivo e nel computo dovrebbero rientrare le dipendenti nate nel 1963 (che hanno compiuto 58 anni nei 2021) oltre alle autonome nate nel 1962.

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Il meccanismo di Quota 102 sarebbe lo stesso di Quota 100. Attualmente la misura che scade alla fine di quest’anno e iniziata nel 2019 consente l’uscita anticipata per coloro che hanno 38 anni di contributi e 62 di età. Nell’importo della pensione non ci sono penalizzazioni se non quelle dovute al montante contributivo (e quindi all’anticipo di uscita). Con Quota 102 la platea di lavoratori che potrebbe andare in pensione è di circa 50mila persone. Una simulazione pubblicata ieri dal Messaggero spiegava che coloro che hanno una retribuzione lorda di 30mila euro con 1650 euro di netto mensile perdono tra i 40 e i 160 euro rispetto all’assegno pensionistico pieno che avrebbero incassato a seconda della lunghezza dell’anticipo. Chi incassa 50mila euro annui perde invece tra I 100 e I 210 euro a seconda dell’anticipo.

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