Pensioni con 400 euro in meno: cosa accadrà con il sistema contributivo nel 2023

Le pensioni ricalcolate con il contributivo integrale potrebbero ridursi e di parecchio: cosa ci aspetta

Quale metodo pensionistico è il migliore? Quello contributivo o il vecchio retributivo? Oggi c’è il concreto rischio che l’assegno percepito sia sensibilmente minore. A dirlo è una ricerca condotta dallo Spi Cigl, il sindacato pensionati sottolinea il differenziale tra i due, prendendo ad esempio la provincia veronese, dove 12,825 pensioni sono pagate con il sistema contribuitivo. Adriano Felice , segretario generale dello Spi di Verona, sottolinea che questo sia oramai destinato a prevalere nei sistemi pensionistici di commercianti, dipendenti, artigiani con risultati disarmanti: se, ad esempio, prendiamo il fondo dei lavoratori dipendenti constatiamo che l’importo medio delle pensioni erogate con il contributivo puro risulta del 37% più basso rispetto all’importo medio delle pensioni pagate con il vecchio sistema retributivo. L’assegno medio mensile passa infatti dai 1.132 euro mensili del precedente regime ai 709 euro medi mensili del nuovo.

Pensioni, il contributivo le abbasserà di oltre 400 euro

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Quindi la perdita supera i 400 euro e non sono questi gli unici fondi dove si può registrare questa differenza. Nella cassa artigiani si passa da 957 euro a 565, quindi -40%, quella commercianti registra un -41% da 904 euro a 526 euro. Secondo il sindacato questa situazione è destinata poi a peggiorare nel corso degli anni e il 37% sarà destinato ad aumentare a cause del percorso lavorativo di chi sta entrando ora. Naturalmente a pagare di più in termini di perdita di potere di acquisto sono donne e giovani che subiscono la trasformazione del mondo produttivo e della risposta che si è data a questa trasformazione con una precarietà che è diventata precarietà di vita.

Purtroppo il destino del sistema contributivo è segnato, soprattutto dopo Quota 100, ma i sindacati non hanno intenzioni di alzare bandiera bianca, chiedendo un confronto con il governo Draghi. Quest’ultimo ha intenzione, dal 2023, di tornare al contributivo: ciò significa pensioni ridotte per le nuove generazioni e reddito basso. A partire dal 2032, infatti, tutti i nuovi pensionati riceveranno assegni basati sul contributivo puro, quindi prenderanno quanto avranno versato nel corso degli anni avendo cominciato a lavorare dopo il 1996, dall’entata della riforma Dini.

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Per questo il sindacato di Verona ha lanciato alcune proposte, tra cui una pensione di garanzia per i giovani e un riconoscimento concreto al lavoro di cura ad esempio con 12 mesi di anticipo pensionistico per ogni figlio.

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