Pensioni calcolate sui contributi, così ora si tenta di evitare un taglio pauroso

L’incontro tra Governo e sindacati rischia di terminare con lo scontro. Posizioni troppo diverse sul tema delle pensioni minano il rapporto tra Draghi e i sindacati dei lavoratori.

Quello di domani potrebbe essere uno degli incontri più complessi che l’esecutivo si è trovato ad affrontare fino a oggi. Dopo l’accettazione da parte dei partiti di maggioranza della proposta di Quota 102 per il 2022, il Governo Draghi si trova adesso a discutere in materia di pensione con CGIL, CISL e UIL. I sindacati si sono trovati più volte in totale disaccordo con Draghi e il ministro dell’Economia Daniele Franco in merito al rinnovamento delle pensioni, avendo delle finalità e delle priorità molto diverse rispetto a quelle dell’esecutivo. Questo potrebbe portare allo scontro in sede di dibattito e una rottura dei rapporti tra le due forze.

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L’obbiettivo del Governo Draghi in fatto di pensioni, ormai è chiaro, è quello di evitare che queste pesino in maniera eccessiva sulle casse dello Stato. Misure di pensionamento anticipato come Quota 100 o Quota 41 sarebbero estremamente costose per le casse dell’INPS, un utilizzo rischioso delle risorse dello Stato che si riverserebbero sui cittadini sotto forma di tasse. Dall’altra parte i sindacati cercano di difendere i diritti dei lavoratori di poter andare in pensione anticipata. UIL in particolare è stata molto esplicita: Quota 41 per tutti, una proposta condivisa anche dalla Lega, che permetterebbe a chiunque di andare in pensione con 41 anni di contributi senza limiti di età anagrafica. Questo però sarebbe inaccettabile dall’esecutivo, che si troverebbe a mettere in campo una misura da oltre 9 miliardi di euro all’anno fino al 2031. Più moderate sono le posizione di CGIL e CISL, che scendono al compromesso di dare a Quota 41 un requisito anagrafico di 63 anni, di fatto trasformandola in una Quota 104.

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La posizione del Governo è completamente opposta. La Legge di Bilancio 2022 ha già garantito 55.000 pensionamenti anticipati divisi tra Quota 102, Ape Sociale e Opzione Donna, per un costo totale di 600 milioni. Draghi e Franco vorrebbero non spostarsi troppo da queste cifre per quanto riguarda la pressione sulle casse dello Stato, virando per una proposta che dovrebbe essere una flessibilizzazione delle uscita da 62 anni a partire dal 2023, ma con un sistema solamente contributivo. Questo potrerebbe a un taglio delle nuove pensioni circa del 25-30% nei casi più gravi. Un compromesso tra le due parti è auspicabile, ma difficile. Al contrario che con i partiti, il Governo ha molte meno carte da giocarsi coi sindacati, che hanno dalla loro la minaccia dello sciopero generale. Si attende questo incontro per capire come si evolverà la situazione delle pensioni nel prossimo futuro.

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