Canone Rai da 90 a 100 euro e oltre, perchè sarà difficile sfuggire

I 90 euro all’anno del Canone rai sono divisi in 10 rate mensili, di 9 euro ciascuna che si pagano da gennaio a ottobre. Ma qualcosa potrebbe cambiare

Il Canone rai potrebbe presto aumentare per adeguarsi agli standard europei. Dal 2016, in Italia, il Canone Rai viene applicato alla bolletta della luce ma, a partire dal 2023, il costo del canone sparirà dagli oneri impropri dalle bollette della luce, in cui compariva, così come richiesto dall’Europa. I 90 euro all’anno sono divisi in 10 rate mensili, di 9 euro ciascuna che si pagano da gennaio a ottobre, anche se molte differenze possono dipendere dalla bollette.

La spinta per eliminare il canone dalla bolletta è arrivata da Bruxelles che ha chiesto, per motivi di trasparenza e rispetto della concorrenza, di eliminare gli “oneri impropri” dai costi dell’energia. L’aggiunta del canone Rai alla bolletta elettrica rientrerebbe, secondo Bruxelles, tra quegli “oneri impropri” che il Consiglio dell’Unione Europea ha chiesto all’Italia di eliminare, come da impegni presi nell’ambito del Recovery Plan. La novità sarà attiva a partire dal 2023. Sparirà, dunque, l’addebito di 9 euro al mese per 10 mesi sui conti dell’elettricità.

Resta il fatto che, in Italia, la tv di stato è sottofinanziata e il canone pagato dai cittadini è comunque poco rispetto agli obblighi e alle attività che la Rai è tenuta a svolgere, secondo quanto dichiarato da Carlo Fuortes, amministratore delegato Rai, in audizione in commissione Lavori Pubblici al Senato. Negli altri paesi europei, invece, la tassa è generalmente più alta

Proprio nel 2016, quando il governo Renzi ha introdotto il canone rai in bolletta per cercare di frenare il fenomeno dei “furbetti del canone”, il costo si è abbassato, passando da 113 euro a 90 euro, con una riduzione del 20%. Dei 90 euro pagati, la Rai ne incassa solo 74 e il resto va allo stato che ne trattiene una parte. “Il finanziamento del servizio pubblico è un prerequisito indispensabile, deve essere cioè tale da non porre la società in una condizione di “minorità”, tale da impedire di rispettare l’essenziale principio di indipendenza che costituisce la qualità che connota la costituzione dei servizi pubblici e la loro capacità di agire. È indubbio che il finanziamento debba essere commisurato e adeguato agli obblighi assegnati, stabile e trasparente”, conclude Fuertes.

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