Riforma delle Pensioni, via dal lavoro a 62 e 63 anni. Draghi vuole il punto di non ritorno

Ancora in studio la Riforma delle Pensioni, si prospetta la possibilità di lasciare il lavoro a 62 e 63 anni. Ecco quali sono le proposte

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(Getty/ Antonio Masiello)

La Legge è ancora sul tavolo e non c’è nulla di definito, ma sembra iniziare a prendere forma una delle manovre più importanti dell’ultimo decennio per il nostro Paese: la riforma delle Pensioni. Il Presidente Draghi è al lavoro con i Ministri per stilare la bozza, ma continua ancora la mediazione con i sindacati.

L’intenzione del Presidente del Consiglio dei ministri è quella di realizzare una riforma strutturale, che possa durare nel tempo e incidere positivamente nell’uscita dal lavoro. Tuttavia, si tratta di una manovra non semplice, per cui si prospetta ancora una lunga trattativa.

Riforma delle Pensioni, via dal lavoro a 62 e 63 anni

L’intenzione è quella di realizzare una riforma delle pensioni che permetta i lavoratori di andare in pensione a 62 e 63 anni, senza eccessive penalizzazioni. Il governo, tuttavia, è ancora allo studio di una bozza, in modo da avere una legge entro il 2023.

Draghi ha fatto sapere che si sta lavorando per una riforma strutturale, duratura e incisiva. L’ultima grande riforma delle pensioni, infatti, fu stilata ben 10 anni fa (la famosa Legge Fornero). Si prospetta, dunque, un lavoro delicato e a cui servirà tempo.

Dagli incontri tra sindacati e governo, è emersa la richiesta di permettere di andare in pensione a 62 e 63 anni, senza aspettare i requisiti di vecchiaia, fissati a 67 anni. Una soluzione alternativa, inoltre, potrebbe essere la maturazione di 41 anni di contributi, a prescindere dall’età.

La soluzione sembra percorribile, tuttavia il governo intende porre dei vincoli di bilancio. L’intenzione è quella di realizzare una riforma economicamente sostenibile e, quindi, non fare altro debito. Cosa che, invece, è accaduta per finanziare quota 100.

Riduzione degli assegni per andare prima in pensione

L’impresa, dunque, appare molto complicata ma non impossibile. Si prospetta, infatti, un taglio degli assegni che, nonostante il sacrificio economico, potrebbe rendere possibile l’uscita dal lavoro in maniera agile, oltre a rendere sostenibile la riforma.

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Una delle strade percorribili è quella suggerita dal Ministero del Lavoro. La proposta è quella di una pensione concessa con una penalizzazione del 3% dell’assegno per ogni anno di anticipo rispetto a quanto precedentemente previsto. In questo caso, la pensione sarebbe calcolata su contributi versati nel sistema retributivo.

Opzione donna e due tranche

Inoltre, sono in lizza altre due soluzioni possibili per permettere ai lavoratori di andare in pensione a 62 e 63 anni. Una di queste è un meccanismo simile a quello previsto da Opzione Donna. L’ipotesi è quella di trasformarla in “Opzione tutti” per permettere l’uscita dal lavoro a 62 e 63 anni.

Infine, si pensa ad una concessione dell’assegno della pensione in due tranche. Nel momento in cui si compiono 63 o 64 anni, varrebbe la parte contributiva post 1995. Dopo i 67 anni, invece, varrebbe la restante porzione di contributi versati nel sistema retributivo (1996).

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