Perchè fra un anno, pensando a come si viveva, ci sembrerà di essere diventati poveri

Le prospettive economiche non sono affatto positive: evidenti segnali di recessione, dal dollaro, al gas e petrolio, sono le prove di una crisi che potrebbe quasi non aver precedenti. Come sarà il quadro tra un anno? Il rischio, è di cadere in un dilagante stato di povertà.

Due delle principali ‘piazze’ economiche come Amsterdam e New York, ì dove vengono quotati gas e petrolio, lanciano segnali manifesti: la quasi parità tra euro e dollaro non inciderà, proprio a causa della recessione, e il rischio di un tracollo economico è vero, anzi, imminente.

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soldi / Fonte: Pexels

La recessione è palese e può essere già vista. C’è una data, un orario, in cui è apparsa: le 12:39 di martedì 5 luglio 2022, con l’euro sceso sotto l’1,03 dollari giungendo a quota 1,0238, un evento che non si vedeva dal 2002, vent’anni fa, quando l’euro era stato appena introdotto. Questo cosa vuol significare?

Questo numero conferma che il dollaro è in un momento di forza e che la parità, vale a dire il rapporto di 1 euro per 1 dollaro sembra inevitabile. In parole povere, cosa comporta? Lo chiariamo subito.

Quella che sembrerebbe, sulle prime, una buona notizia in realtà in effetti non lo è per niente. L’euro debole favorisce l’export verso gli Usa e verso tutti i paesi che dipendono dal dollaro ma, in questo contesto storico, si sposa con l’aumento del prezzo dell’energia e delle materie prime che l’Europa va ad importare.

Recessione e conseguenze, cosa ci aspetta

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dollaro/ Fonte: Pexels

Se diversi economisti fino a qualche tempo pensavano che la recessione fosse ormai un contesto superato, estraneo ormai al vero contesto economico mondiale, ora le cose stanno cambiando.

La recessione si fa più che mai credibile, in verità. Il petrolio è sceso sotto ai 100 dollari al barile ed è attesa un’altra diminuzione del prezzo.

Per vari analisti fino a 65 dollari al barile entro la fine del 2022: questa è la prospettiva, proprio perché incombe un logico calo della domanda. Segnale questo che ci porta proprio alla recessione, a un calo della produzione industriale.

Ad Amsterdam, laddove è quotato il metano europeo, il gas ha superato i 170 euro per megawattora, il prezzo più alto degli ultimi quattro mesi. Questo dato spaventa e lascia supporre un ulteriore aumento del peso inflazionistico per tutta l’economia del sistema Europa.

Cosa producono recessione e inflazione

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La conseguenza sono i minori consumi e quindi in un calo generale della produzione. Le conseguenze poi sono minore impiego e dunque crescita della disoccupazione, bilanci più cupi per le aziende ma anche per l’amministrazione pubblica che, accanto a ridotte entrate fiscali dovrà fare i conti con la necessità di intervenire prolungando i periodi di erogazioni di bonus, incentivi e aiuti per chi si trova nelle fasce più esposte della popolazione.

Le conseguenze facilmente pronosticabili, poi, ci portano oltre: decrescita e aumento dell’inflazione rendono arduo il compito della Banca centrale europea (Bce) e Christine Lagarde, così come Jay Powell, presidente della Federal Reserve, la banca centrale USA, devono fare i conti.

La Lagarde deve oscillarsi tra la richiesta della Bundesbank che vuole una politica di rialzo dei tassi di interesse intensa sicché i prezzi possano frenare e chi, invece, per prudenza, vorrebbe un aumento graduale dei tassi per allontanare il rischio recessione. Caos che si ripercuote sui mercati, sui listini, e su una prospettiva di visione mancante o fosca.

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