Pensioni, ricalcoli e penalizzazioni. Cosa accade dopo il 1° gennaio 2023

Con l’arrivo del nuovo anno sono previsti interessanti cambiamenti per quanto riguarda le pensioni. Ecco cosa accade dopo il 1° gennaio 2023

Il prossimo anno sarà un anno particolarmente importante per quanto riguarda il tema delle pensioni. A causa della caduta del governo, infatti, l’esecutivo guidato da Mario Draghi non potrà occuparsi, come inizialmente si era prefissato, dei nuovi provvedimenti riguardo le pensioni e ora appare tutto bloccato.

(Ansa/ Ciro Fusco)

Tuttavia, sarà compito del nuovo governo mettere in campo i giusti provvedimenti per mettere a punto le manovre utili al tema delle pensioni. Il problema principale, infatti, è rappresentato dal fatto che a gennaio 2023 tornerà la Legge Fornero e solo una nuova riforma potrà evitare il peggio. Ecco, dunque, quali saranno le novità e cosa accade alle pensioni dopo il 1° gennaio 2023.

Cosa accade alle pensioni dopo il 1° gennaio 2023

A fine 2022 dovremmo dire addio a Quota 102 e, il 1° gennaio 2023 è previsto il ritorno alla Legge Fornero. Coloro che andranno in pensione nel 2023, dunque, dovranno aver raggiunto almeno i 67 anni di età e 20 di contributi o, in alternativa, avere almeno 42 anni e 10 mesi di contributi.

Tuttavia, i partiti stanno pensando da mesi a quelle che potrebbero essere le migliori proposte per riformare il tema delle pensioni e, allo stesso tempo, evitare il ritorno alla riforma Fornero. Anche l’Inps, attraverso il suo presidente Pasquale Tridico, si è impegnata a mettere sul tavolo tre ipotesi su cui aprire un discorso di riforme.

Sarà però compito del nuovo esecutivo prendere la decisione più importante e rimboccarsi le maniche per arrivare ad un accordo e stabilire la migliore riforma delle pensioni possibile. A peggiorare la situazione sarà l’indicizzazione delle pensioni prevista per il prossimo anno e l’inflazione in continuo aumento (che provocherà fin da subito una rivalutazione degli assegni).

(Ansa/ Claudio Peri)

Ad oggi, ci sono diverse proposte sul tavolo, anche se non ben definite. Per quanto riguarda Lega e FdI, l’idea è quella di poter andare in pensione con 41 anni di contributi (che si abbasserebbero a 39 per le donne). Inoltre, le donne potrebbero avere la possibilità di poter andare in pensione con un anno di anticipo per quanti sono i figli a suo carico.

Il Movimento 5 Stelle si muove invece sull’ipotesi Tridico. La proposta del presidente Inps, infatti, riguarda la pensione a 63 o 64 anni grazie al ricalcolo del contributivo, con una penalizzazione per ogni anno di anticipo (circa il 3%). Potrebbe anche esserci la possibilità di un assegno in due fasi. Inizialmente questo verrebbe calcolato solo con la quota contributiva e, raggiunta l’età pensionabile, si aggiungerebbe anche quella retributiva.

Il Partito Democratico si muove sull’Ape sociale e Opzione Donna, pensando agli aiuti per i giovani. Si pensa infatti anche a coloro che hanno iniziato a lavorare dopo il 1996 e rientrano totalmente nel sistema contributivo.

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