Non tutti sanno che con l’obbligo di emettere le fatture elettroniche c’è anche quello di conservarle: ecco le sanzioni per chi non lo fa
Con l’obbligo di emissione della fattura elettronica a seguito di cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate tra soggetti residenti in Italia, le cose sono cambiate molto. Questo obbligo è stato introdotto con la Legge di Bilancio 2018 ed è previsto nel caso in cui la cessione del bene o la prestazione sia effettuata fra due operatori Iva, ma anche da un operatore Iva verso un consumatore finale.
Inoltre, dal 1 luglio 2022 è scattato l’obbligo di fatturazione elettronica anche per le partite Iva in regime forfettario, che invece prima riguardava solo quelle in regime ordinario. Al momento rimangono escluse dall’obbligo solo i contribuenti in regime agevolato che restano entro i 25mila euro di ricavi o compensi. Le fatture elettroniche vanno sempre inviate ai propri clienti attraverso il SDI.
Fatture elettroniche, c’è l’obbligo di conservazione
Un cosa che però non tutte le partite Iva forfettarie sanno ancora è il fatto che tutti coloro che emettono fatture elettroniche hanno l’obbligo di conservazione, che deve essere necessariamente nello stesso formato di emissione, il formato xml, delle fatture. Attenzione perché per conservazione la legge non intende il semplice salvataggio o stampa del file, ma appunto i file redatti in xml.
Questi file infatti devono essere conservati nello stesso formato e resi immodificabili dopo la loro trasmissione. Come previsto dall’articolo 2220 del Codice Civile, le fatture devono essere conservate per un minimo di 10 anni per poterle presentare in caso di controllo. Nel caso in cui ciò non venisse fatto scattano delle sanzioni piuttosto pesanti, che variano da 1.032,91 euro a ben 7.746,85 euro.
Per la conservazione delle fatture l’Agenzia delle Entrate mette a disposizione di tutte le partite Iva questo servizio a titolo gratuito, ma non è automatico e bisogna attivarlo.
