Pensioni, così lasci il lavoro 5 anni prima e ti metti al sicuro

Come andare in pensione 5 anni prima: tutto quello che c’è da sapere

In pensione 5 anni prima? Grazie ai contratti di espansione sarà possibile farlo entro il 2023. Ne potranno beneficiare soltanto i lavoratori dipendenti del settore privato. Rispetto al passato, con la legge di bilancio, la soglia dimensionale dell’azienda è stata abbassata a 50 dipendenti. Il che allarga decisamente la platea dei potenziali lavoratori beneficiari della pensione anticipata.

Come spiega l’Inps nella circolare n. 88 del 25 luglio 2022, rispetto al passato possono accedere allo scivolo pensione tutti i dipendenti del settore privato che abbiano stipulato contratti di espansione. Lo scivolo è concesso a partire dai 62 anni di età fino alla fine del 2023. Dal 2022 possono, però, accedervi anche le aziende con meno di 250 dipendenti e con più di 49.

ANSA

Come andare in pensione 5 anni prima?

Per accedere a questo cosiddetto scivolo aziendale è necessario che il datore di lavoro raggiunga specifico accordo col Governo. Tale accordo, chiamato contratto di espansione, è stipulato fra azienda, Ministero del Lavoro e organizzazioni sindacali e deve contenere 4 condizioni fondamentali:

  • il numero dei lavoratori da assumere e l’indicazione dei relativi profili professionali compatibili con i piani di reindustrializzazione o riorganizzazione;
  • la programmazione temporale delle assunzioni;
  • l’indicazione della durata a tempo indeterminato dei contratti di lavoro, compreso il contratto di apprendistato professionalizzante;
  • relativamente alle professionalità in organico, la riduzione complessiva media dell’orario di lavoro e il numero dei lavoratori interessati, nonché il numero dei lavoratori che possono accedere allo scivolo pensionistico.

Quanto ammonta assegno con contratto espansione?

Il vantaggio del contratto di espansione è di consentire alle aziende di mandare in pensione, su base volontaria, i lavoratori fino a 60 mesi prima rispetto ai requisiti ordinariamente richiesti per la pensione di vecchiaia o anticipata. Quindi i lavoratori possono mettersi a riposo:

  • 62 anni, invece dei 67 previsti per la pensione di vecchiaia, a patto di aver maturato il requisito contributivo di 20 anni di versamenti;
  •  37 anni e 10 mesi di contributi versati per gli uomini e 36 anni e 10 mesi per le donne, contro gli attuali 42 anni e 10 mesi e 41 anni e 10 mesi rispettivamente previsti per la pensione anticipata, più tre mesi di finestra.

Il lavoratore che accede al prepensionamento percepisce, fino alla maturazione della pensione, un’indennità pari all’assegno maturato al momento delle dimissioni. L’indennità mensile è corrisposta dall’INPS per 13 mensilità. L’importo, certificato dall’INPS, è commisurato al trattamento pensionistico lordo maturato dal lavoratore al momento della cessazione del rapporto di lavoro, secondo le norme previste dalle singole Gestioni. Per il calcolo della quota contributiva si tiene conto del coefficiente di trasformazione relativo all’età del lavoratore alla data di decorrenza dell’indennità. In caso di perfezionamento del diritto a pensione in due o più forme previdenziali, l’importo dell’indennità sarà pari al più elevato degli importi mensili dei trattamenti pensionistici maturati alla data di risoluzione del rapporto di lavoro.

Questa formula comporta dei compromessi in termini di taglio dell’assegno previdenziale e/o di costi da sostenere. Secondo i calcoli dei sindacati, andando in pensione con lo scivolo previsto dai contratti di espansione si rischia un taglio dell’assegno previdenziale fino ad un quarto del suo importo, con una perdita economica che può arrivare a 80mila euro.

 

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