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Economia

L’inflazione sta danneggiando la tua pensione anche se non hai smesso di lavorare

Published by
Massimiliano Ciancaglioni

Adesso non è conveniente lasciare il lavoro: ecco perché l’inflazione rende sconveniente andare in pensione

Possiamo tranquillamente sostenere che non è il 2022 non è il miglior anno per andare in pensione. La colpa è dell’inflazione, che va ad intaccare il potere d’acquisto di lavoratori e pensionati, in particolare di questi ultimi. L’inflazione erode infatti non soltanto le vendite ma anche i montanti contributivi. Parliamo di quei risparmi che anno dopo anno vengono accumulati e si calcolano nella pensione.

Inps

Proprio questo montante è il dato di partenza per capire se conviene o meno smettere di lavorare adesso. Il discorso vale a maggior ragione per quei lavoratori che intendono  accedere alla pensione anticipata con Quota 102 o con le altre norme come Opzione Donna e Ape Sociale. Basta fare qualche calcolo per capire che la vita al momento costa molto di più e lasciare i lavoro per vivere con questi indennizzi è un lusso che possono concedersi in pochi.

Inflazione, perché non conviene andare in pensione ora

Il 2022 potrebbe quindi essere l’anno peggiore per andare in pensione e a stabilirlo è la decima edizione del Global Retirement (GRI). Solo negli anni Ottanta vi fu una percezione simile, ma a quei tempi le pensione erano calcolate col sistema retributivo e l’impatto dell’inflazione era diverso. Oggi col nuovo sistema di calcolo l’impatto dell’inflazione sui redditi pensionistici è infatti diverso.

Il rischio è quello di assumersi maggiori rischi in portafoglio per recuperare il terreno già perso, soprattutto per chi si rivolge ai fondi di pensione per una rendita integrativa. Il montante contributivo è il tesoretto costituito dalla somma di tutti i contributi versati e non segue l’andamento dei prezzi o l’aumento dell’inflazione, il che al momento è penalizzante per tutti.

La domanda che ci si fa è quindi se convenga o meno smettere di lavorare ora e la risposta è no, ma non è neanche certo che aspettando le cose migliorino. Questo perché l’aumento del coefficiente di trasformazione del montante contributivo potrebbe non compensare la perdita di valore dello stesso. Ognuno dovrò fare i propri calcoli.

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