Le pensioni italiane sono in pericolo? I segnali che preoccupano

Diversi dati fanno pensare che le pensioni italiane possano essere in pericolo. Ecco quale scenario si sta configurando per i prossimi anni.

Il report ISTAT “Dinamica demografica” del 2021 riporta un calo della popolazione italana dello 0.4%. Le nascite sono diminuite dell’1.3%: ci sono stati infatti meno di 400.000 neonati iscritti all’anagrafe, un record storico negativo. Il tasso migratorio verso l’estero è cresciuto dell’1.3% con l’abbandono dell’Italia da parte di cittadini ed immigrati.

Le pensioni in Italia sono in pericolo? Cosa dicono i dati - Missione Risparmio.
Le pensioni in Italia sono in pericolo? Cosa dicono i dati – Missione Risparmio.

A questi dati si accompagna lo studio dell’Eurostat, che segnala come dal 2011 al 2021 l’Italia sia il paese che è invecchiato di più all’interno della UE. Guardando poi alla rappresentazione grafica della piramide delle età elaborata dalle Nazioni Unite, si ha la certezza dello squilibrio che potrebbe mettere davvero in pericolo le pensioni italiane.

Pensioni italiane, perchè potrebbero essere in pericolo

La rappresentazione grafica chiamata piramide delle età prende questo nome perchè, in una nazione considerata sostenibile ed in crescita, l’età media dovrebbe essere molto bassa. La popolazione di età superiore dovrebbe essere sempre più ridotta, disegnando in questo modo una sagoma che dovrebbe ricordare proprio quella di una piramide.

La campana demografica dell'Italia nel 2023 e la proiezione del 2050 secondo le Nazioni Unite - Missione Risparmio.
La campana demografica dell’Italia nel 2023 e la proiezione del 2050 secondo le Nazioni Unite – Missione Risparmio.

Guardando alla piramide delle età italiana del 2023 si nota subito che il punto più largo è a metà, fra i 45 ed i 60 anni. Il Belpaese sta invecchiando, e la base della piramide diventa sempre più ridotta con il passare degli anni. Nella rappresentazione della piramide delle età del 2050, si vede addirittura che l’età media in Italia dovrebbe essere 75 anni.

Come funziona il sistema pensionistico italiano “a ripartizione”

L’Italia ha adottato un sistema pensionistico “a ripartizione“. A prescindere che il lavoratore usufruisca del regime retributivo o contributivo, i contributi versati dall’attuale forza lavoro sono utilizzati per pagare le attuali pensioni. Si tratta di quello che viene definito “patto generazionale“, che si basa proprio sull’equilibrio della piramide delle età.

Eurostat, variazione dell'età media della popolazione fra il 2011 (in blu) ed il 2021 (in arancione) - Missione Risparmio.
Eurostat, variazione dell’età media della popolazione fra il 2011 (in blu) ed il 2021 (in arancione) – Missione Risparmio.

In altre parole, il sistema pensionistico italiano dovrebbe avere almeno un lavoratore per ogni pensionato per essere in equilibrio. Non è così già da diversi anni, ed in molte regioni si registrano degli squilibri significativi. In Sicilia ci sono -340.000 lavoratori rispetto ai pensionati, in Calabria -234.000, in Campania -226.000 ed in Puglia -276.000.

Le conseguenze di una società che invecchia: il declino produttivo

Non sembra essere un caso che proprio in meridione ci siano molti più pensionati che lavoratori. Del resto, in queste regioni il tasso di disoccupazione è circa il doppio della media nazionale, che nel III trimestre 2022 si attestava al 7,9%. Si può dunque supporre che alcuni cittadini in età da lavoro siano emigrati al nord, dove la statistica si ribalta.

Le regioni d’Italia con più lavoratori che pensionati sono la Lombardia (+658.00), il Veneto (+251.000) e l’Emilia Romagna (+191.000). Non bisogna neanche trascurare gli effetti che l’invecchiamento della popolazione potrebbe avere sullo sviluppo dell’industria e del commercio, oltre alla reperibilità di nuova forza lavoro specializzata.

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