Pensioni, ipotesi Quota 41 in bilico: ecco quanto costa secondo l’Inps

L’Inps ha fornito alcune stime sui costi di quota 41, una delle proposte in campo per sostituire Quota 100.

Il quadro pensionistico italiano non vive certo uno dei suoi periodi più rosei. Il 31 dicembre 2021 Quota 100 scade e al suo posto dovrebbe arrivare Quota 41. Tuttavia, non c’è ancora un accordo tra governo e sindacati al riguardo che ha dato via libera alla misura. Quota 41 potrebbe garantire la possibilità di chiedere il trattamento per la pensione anticipata per l’anno 2022, permettendo di andare in pensione anticipatamente una volta raggiunto il requisito di 41 anni di contributi versati, a prescindere dall’età. Il provvedimento è già esistente ma spetta ad una platea di beneficiari ancora molto ristretta, come i lavoratori precoci. Questi ultimi possono avanzare la domanda di pensione anticipata se hanno 12 mesi continuativi di contributi nel periodo antecedente al 19esimo anno di età e che abbiano maturato, entro il 31 dicembre 2026, 41 anni di contributi. Inoltre, l’approvazione di quota 41 dovrebbe evitare il riproporsi dello scalone di 5 anni che riporterebbe l’unica possibilità di pensionamento all’età di 67 anni.

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Con il superamento della quota 100, una delle opzioni in campo è quella della quota 41 ma a frenare la misura c’è la problematica del suo costo. Infatti, il presidente dell’Inps Pasquale Tridico, in occasione della relazione annuale dell’istituto di previdenza, ha spiegato che quota 41 sarebbe la proposta più costosa tra quelle al vaglio dell’Inps. Il suo costo sarebbe di ben 4,3 miliardi di euro nel 2022 fino ad arrivare a 9,2 a fine decennio. Una cifra che corrisponde a allo 0,4% del prodotto interno lordo.

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Il quadro dell’Inps

La relazione traccia anche un bilancio sulla quota 100 in questi anni che ha permesso il pensionamento anticipato di 180.000 uomini e 73.000 donne nel biennio 2019-20, mentre Opzione Donna ha portato circa 35.000 pensionamenti nello stesso periodo. L’anticipo pensionistico è stato utilizzato prevalentemente da uomini, da soggetti con reddito medio-alti e soprattutto da dipendenti pubblici. Tuttavia, sono state poche le conseguenze sul piano occupazionale: l’attesa sostituzione dei pensionati con i lavoratori giovani sembra non esserci stata e l’analisi dei dati non mostra maggiori assunzioni derivanti dall’anticipo pensionistico. Per quanto riguarda le pensioni, gli assegni medi mensili degli uomini sono pari a 1.897 e superano nettamente gli importi previste per le donne, la cui media si attesta solamente a 1.365 euro. Al Centro-Nord le pensioni medie superano i 1.700 euro, mentre al Sud e nelle Isole sono pari a 1.400. In Italia i pensionati al 31 dicembre 2020 erano circa 16 milioni, di cui 7,7 milioni di uomini e 8,3 milioni di donne.

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Come emerge dallo studio dell’Inps, la pandemia ha inciso sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti, ridotte del 4,3% per effetto della flessione delle giornate retribuite dal datore di lavoro. Meno marcata la riduzione delle retribuzioni degli operai agricoli (-1,9%), mentre le retribuzioni dei domestici scendono del 7,5%, soprattutto a causa dell’aumento del ricorso agli orari parziali. Per quanto riguarda la spese dell’Inps, l’Istituto ha pagato 44,5 miliardi di euro per misure di sostegno al reddito, per un totale di 15,1 milioni di cittadini interessati.

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