Green Deal di Ursula von der Leyen, cos’è e perché ha messo tensione in Europa

Il Green Deal firmato Ursula von der Leyen sta creando non poco scompiglio in Europa. Ecco in cosa consiste e perché. 

Si chiama Green deal ed è il piano a firma Ursula von der Leyen che sta creando non poche opposizioni e tensioni in Europa. La Commissione europea ha infatti dato il via libera al pacchetto di proposte normative per rendere le politiche dell’UE in materia di clima, energia, uso del suolo, trasporti e fiscalità idonee a ridurre le emissioni nette di gas a effetto serra di almeno il 55 % entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990. Sono previsti investimenti per 1000 miliardi e mira a raggiungere la tanto ambita neutralità climatica dell’Europa nel 2050, così da portare l’Europa ad avere impatto climatico zero entro il 2050.

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Le proposte legislative prevedono l’applicazione dello scambio di quote di emissione a nuovi settori e il rafforzamento dell’attuale sistema di scambio di quote di emissione dell’UE; aumento dell’uso di energie rinnovabili; maggiore efficienza energetica; rapida diffusione dei modi di trasporto a basse emissioni e delle infrastrutture e dei combustibili necessari a tal fine; allineamento delle politiche fiscali con gli obiettivi del Green Deal europeo; misure per prevenire la rilocalizzazione delle emissioni di carbonio; strumenti per preservare e potenziare la capacità dei nostri pozzi naturali di assorbimento del carbonio.

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Cosa prevede

Il Green Deal europeo prevede una serie di misure di diversa natura, fra cui soprattutto nuove leggi e investimenti, che saranno realizzate nei prossimi trent’anni. Il Green Deal sarà gestito da Frans Timmermans – in seguito ad una delega ufficiale da von der Leyen – vicepresidente della Commissione e uno dei politici più rispettati a Bruxelles e finanziato con una quantità ingente di soldi, pubblici e privati. Il pacchetto sarà quindi composto da 12 proposte legislative e le principali saranno legate al trasporto su gomma e al riscaldamento degli edifici nel sistema Ets per lo scambio di quote di emissioni; imporrà dazi sull’import di prodotti realizzati in Paesi con standard ambientali più bassi; fisserà una data definitiva entro la quale le auto con motori diesel o benzina non potranno più essere immesse sul mercato.

Lo scontro in Europa

Nella presentazione del piano Frans Timmermans ha riferito che “per arrivare a un futuro verde e sano per tutti saranno necessari sforzi considerevoli in tutti i settori e in tutti gli Stati membri”. Saranno però necessarie variazioni rispetto al pacchetto presentato due giorni fa da Ursula von der Leyen. Le critiche più dure sono state mosse dai paesi dell’Est e sovranisti che si sono opposti all’ala composta da Francia, Italia, Spagna, Irlanda e Portogallo. Secondo i primi, le misure presentate presuppongano una decarbonizzazione troppo veloce, difficile da perseguire per quei Paesi che hanno ancora una pesante presenza di centrali a combustione fossile, come la Polonia. Inoltre, secondo Varsavia e Budapest, il Green deal non è nient’altro che un ennesimo terreno di scontro per aprire contrasto, date le ultime vicende per quanto riguarda gli Lgbt.

I Paesi membri, dal canto loro, non hanno una visione unica sui prezzi dei carburanti e degli ETS, ovvero i certificati che danno diritto a inquinare. Si aggiungo le critiche del settore delle Automotive, secondo cui una transizione troppo rapida dalle automobili benzina/diesel alle elettriche pure sarà critica sia sul piano tecnico/infrastrutturale, sia soprattutto su quello occupazionale.

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