Riforma del Catasto, più di 4 milioni di immobili in Italia non pagano tasse, ma sul tuo l’Imu può aumentare del 174%

Secondo Federcontribuenti, la riforma del catasto potrebbe dare la stangata definitiva sul mercato immobiliare, aggiungendosi alla situazione già critica sul fronte dei rincari delle bollette.

La riforma del catasto a cui il governo sta lavorando sembra generare sempre più malumori e dispiaceri soprattutto nel ceto medio che, tra tutti, sembra la categoria costretta a subire le conseguenze più drastiche. Una riforma che secondo Federcontribuenti potrebbe dare la stangata definitiva sul mercato immobiliare, aggiungendosi alla situazione già critica sul fronte dei rincari delle bollette. Federcontribuenti ha analizzato che, attualmente, ci sono ben 4,5 milioni di immobili non conosciuti Fisco mentre al ministero dell’Economia e delle Finanze risultano 57 milioni di unità immobiliari appartenenti a persone fisiche in Italia.

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Di queste, 19,5 milioni risultano essere abitazioni principali, mentre 13,3 milioni rappresentano le pertinenze. Ci sono poi 6 milioni di case in affitto e 1,2 milioni immobili concessi in uso gratuito a familiari o comproprietari. E ancora, nell’elenco delle proprietà, si aggiungono 6,3 milioni di seconde case. Di queste, ben il 55% non viene riportato nelle dichiarazioni dei redditi. “Se andasse in porto questa riforma del catasto, il mercato immobiliare nelle grandi città crollerebbe. A Milano si calcola che l’Imu aumenterebbe del 174,2% vale a dire che il milanese medio che paga 2mila euro di Imu ogni anno dovrebbe sborsare 3.484 con la riforma del catasto. Così in tutte le grandi città italiane. La riforma del catasto non deve essere lo scudo per nascondere l’incapacità del governo di scovare gli evasori fiscali”, ha riferito Federcontribuenti in una nota riportata da La Presse.

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Inoltre, ricorda Federcontribuenti, l’Imu è la tassa più evasa del nostro Paese. Ben il 25,8% dell’imposta, secondo i dati del ministero dell’Economia e delle Finanze, “non viene versata per un ammanco di 4 miliardi e 869 milioni di euro nel triennio 2015-2017 il tax gap complessivo è stato di 107,2 miliardi di euro: 95,9 miliardi di mancate entrate tributarie e 11,3 miliardi di mancate entrate contributive”.

La riforma 

Come è noto, il passaggio dei vani ai metri quadri per la misurazione degli immobili potrebbe portare a un incremento significativo della Tari. La modifica della categoria e classe degli immobili rispetto a quelle ora riconosciute potrebbe aumentare gli incassi dovuti all’Agenzia delle Entrate. A risentirne sarebbero soprattutto alcune città come Milano, in cui oggi sono state individuate 41microzone. Nel caso di un cambio di classe, il valore fiscale aumenterebbe addirittura del 40% e potrebbe, in casi limite, aumentare dell’80%. Tra i maggiori rischi di aumento rientrano le case indipendenti in centri piccoli o località di villeggiatura, che passerebbero dalla categoria A7 alla A8 (ville).

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Uno dei motivi di stallo della riforma è che questa produrrebbe significative redistribuzioni del peso della tassazione tra individui. Aumenterebbero anche le tasse locali, nelle entrate relative delle regioni e dei comuni. Infatti, il sistema tributario italiano prevede varie imposte e tasse sugli immobili come l’Irpef, l’Imu, la Tasi. Tutte queste, hanno come base imponibile il valore dell’immobile detto anche valore catastale. Infatti, il passaggio delle vecchie rendite catastali ai valori di mercato, così come quello dei vani al metro quadro, porterebbe a un’impennata dell’Imu sulle seconde case, con conseguente aumento del valore Isee.

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L’aumento dei vani al metro quadro potrebbe poi portare a un incremento significativo della Tari, dato che viene calcolata sull’80% della superficie catastale lorda. Ancora pochi comuni hanno fatto una revisione di queste superfici imponibili, basando il totale della Tari sulle autodichiarazioni dei rispettivi proprietari, che senza un correttivo verrebbero tutte rimesse in discussione. Prima di procedere in questa definizione, quindi, sarebbe meglio cercare di attuare dei correttivi in grado di abbassare le aliquote e smorzare gli effetti negativi del passaggio senza danneggiare le categorie più deboli.

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