E’ il momento della pensione a rate: importi differenti con il passare del tempo. E a chiederla è l’INPS

Non sono ancora terminati gli scontri politici in merito alla gestione delle pensioni dopo Quota 100. Tra le proposte messe sul tavolo della discussione anche quella della pensione a rate.

Sul tema delle pensioni è ancora scontro tra le varie forze politiche, il Governo, i sindacati e l’INPS. Quest’ultima, in particolare, nella persona del presidente Tridico, è parte attiva della discussione, in quanto ente che gestisce l’erogazione delle pensioni stesse. La proposta di Quota 41, con il metodo contributivo di pensionamento anticipato premierebbe chi ha cominciato a lavorare prima, con la possibilità pensionamento per tutti al raggiungimento dei 41 anni di contributi senza limiti di età anagrafica. Per una persona che ha cominciato a lavorare a 18 anni significherebbe poter andare in pensione a 59 anni. La proposta, dopo lunga discussione, è stata severamente bocciata in quanto eccessivamente costosa non troppo diversamente da Quota 100. Dall’altro lato un nuovo aumento dell’età pensionabile è stato fortemente osteggiato da alcune parti politiche, prima tra tutte la Lega.

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L’altra valida è quella del pensionamento per quote a 63 o 64 anni. Secondo questa proposta il pensionamento avverrebbe in due fasi: una prima fase al raggiungimento di 63 o 64 anni, a cui si può andare in pensione con la quota contributiva, accumulata per il 50% della pensione totale. Per la quota retributiva, ovvero l’altro 50% della pensione, si dovrebbe aspettare il compimento dei 67 anni. Già alla prima proposizione delle misure, questa era stata bollata dal presidente dell’INPS Tridico, come la meno pesante sulle casse dello Stato e la migliore da cui ripartire.

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Pasquale Tridico (presidete Inps)

Il rovescio della medaglia per quanto riguarda questa seconda proposta è che in attesa di percepire la pensione per intero, quella a rate potrà essere integrata solo in minima parte con un assegno da reddito da lavoro e non è cumulabile con misure quali il reddito di cittadinanza, l’ape sociale o altri sussidi statali. L’economista Andrea Carbone spiega che per i lavoratori questo sitema significa scegliere se vivere con 700 euro al mese per 3 o 4 anni, magari integrando con un lavoretto part time, per poi vivere con 1.300 euro al mese dai 67 anni, oppure lavorare fino a 67 anni per una pensione maggiore di 100-150 euro. In questo senso la proposta di Tridico sarebbe più attrattiva per chi è a rischio disoccupazione o per chi, per motivi di salute o personali, non può più lavorare.

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