Posti di blocco delle Forze dell’Ordine, perché non puoi segnalarli agli altri automobilisti

Può essere considerato reato comunicare ad altri la posizione dei posti di blocco? Se un automobilista scambia informazioni con altri per far si che evitino i controlli potrebbe passare dei guai.

La problematica intorno allo scambio di informazioni nocive tra gli automobilisti è diventato un punto di forte discussione tra le forze dell’ordine e la magistratura. In particolare non è chiaro se il fatto che gli automobilisti si scambino informazioni sulla posizione dei posti di blocco, con il chiaro fine di evitare i controlli, possa essere considerato reato di interruzione di pubblico servizio oppure no. In linea di massima, infatti, chi consente ad altri di evitare i controlli delle forze dell’ordine, sta di fatto impedendo agli agenti di compiere il proprio dovere. Questo, secondo il Codice Penale, prevede la reclusione fino al massimo di 1 anno.

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La linea dell’interruzione di pubblico servizio è portata avanti principalmente dalle forze dell’ordine, ma non trova totale riscontro nella magistratura. Per fare un esempio, il GIP di Genova si è trovato a gestire dei casi di chat di Whatsapp in cui vari automobilisti si scambiavano informazioni sulla posizione dei posti di blocco. Il GIP ha interpretato il fatto come fuori dagli estremi di reato di interruzione di pubblico servizio, portando due argomentazioni:

  • La chat era privata, quindi non tutti gli automobilisti avrebbero potuto accedere alle informazioni contenute, ma solo il gruppo di iscritti alla chat;
  • Il numero di automobilisti iscritto alla chat era esiguo rispetto al totale di chi circola sulle strade italiane.

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Nonostante questa interpretazione del GIP, condivisa anche da altri pari grado di altre città, il fatto che la segnalazione di posti di blocco non sia reato non significa che sia regolare. Il fatto di segnalare la posizione di un posto di blocco ad altri per evitarlo costituisce comunque un illecito amministrativo per violazione del Codice della Strada. Secondo l’art. 45 del Codice, infatti, è viatata “la produzione, commercializzazione e l’uso di strumenti che, direttamente o indirettamente, segnalano la presenza e consentono la localizzazione delle apposite apparecchiature di rilevamento” della velocità “utilizzate dagli organi di polizia stradale per il controllo delle violazioni”. Per questa infrazione del Codice della Strada è prevista una sanzione pecuniaria che va da 802 a 3.212 euro e la confisca dell’oggetto della violazione, il cellulare, in caso delle chatroom di Whatsapp o simili. Lo stesso discorso si applica ai navigatori satellitari che segnalano la presenza di autovelox.

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