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Economia

Russia, mancheranno zucchero grano e mais

Published by
Riccardo Magliano

In Russia cominciano i problemi economici derivanti dalla guerra. Mentre le sanzioni continuano, Mosca vieta le esportazioni di grano, mais e zucchero nel tentativo di mantenere in piedi il mercato interno.

La guerra in Ucraina non sta minando soltanto l’economica europea, ma soprattutto quella russa. Le sanzioni di tutto il mondo contro l’economica Russa stanno dando i loro effetti e dal Cremlino si decide come poter proseguire con le ostilità prima che l’intera economia nazionale crolli. Su Telegram, la vice premier russa Victoria Abramchenko annuncia che la Russia bloccherà le esportazioni di grano, mais e zucchero. In questo modo il governo di Mosca cerca di non far crollare il mercato interno della Federazione Russa. Secondo le parole della Abramchenko, le esportazioni di zucchero bianco e grezzo sono bloccate fino al 31 agosto, mentre quelle di grano, segale, orzo e mais fino al 30 giugno.

La notizia giunge alle orecchie preoccupate degli investitori esteri, a ridosso della data di scadenza del rimborso dei titoli di Stato. Allo stato attuale delle cose, la Russia rischia di dover dichiarare il default. Mercoledì 16 marzo è il giorno della verità, visto che per Mosca scadranno 100 milioni di dollari di pagamenti per cedole di 2 bond russi: uno in scadenza nel 2023 e uno del 2043. Dopo questa data le somme che la Russia deve pagare ai creditori vanno solo ad aumentare, con il 31 marzo che si chiude con la scadenza del pagamento di altri 359 milioni di dollari su un bond al 2030 e il 4 aprile con la scadenza di un’obbligazione da 2 miliardi di dollari.

Dal Cremilino arriva la proposta che la Russia paghi in rubli russi i creditori dei paesi ostili, ossia quelli che hanno previsto sanzioni contro di essa (Italia inclusa). Questo potrebbe essere un grosso default event, perché proprio a causa delle sanzioni i rubli russi non potrebbero essere cambiati in dollari, e quindi rimarrebbero bloccati all’interno della Federazione e non disponibili ai paesi creditori. Un evento come questo porterebbe, attraverso i complessi meccanismi finanziari, alla svalutazione del dollaro e una nuova crisi finanziaria.

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