Pensioni 2022: a chi conviene davvero accettare l’assegno frazionato, come vorrebbe l’INPS

La pensione frazionata in due fasi potrebbe essere la soluzione adatta post Quota 100. Ma a chi conviene davvero?

Sul tema delle pensioni è ancora scontro tra le varie forze politiche, il Governo, i sindacati e l’INPS. Quest’ultima, in particolare, nella persona del presidente Tridico, è parte attiva della discussione, in quanto ente che gestisce l’erogazione delle pensioni stesse. Quota 100 sta ormai per scadere e la sua scadenza continua a mettere in crisi il Governo che cerca soluzioni viaggiando tra passato e presente. L’obiettivo condiviso da tutti è evitare un ritorno alla Fornero. Una via d’uscita per evitare lo scalone Fornero potrebbe essere andare in pensione a 63 anni con determinate penalizzazioni sull’assegno. Un’altra proposta viene da Pasquale Tridico e prevede l’assegno anticipato solo per la quota contributiva. Prevede l’uscita anticipata dal lavoro a 63 o 64 anni, usufruendo soltanto della pensione contributiva maturata a quella data.

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Per ricevere l’assegno completo, con in aggiunta la quota retributiva, bisognerà invece aspettare i 67 anni. Una sorta di pensione temporanea elaborata sulla base di ciò che il lavoratore ha creato fino a quel momento attraverso la sua contribuzione, che potrebbe essere l’altra gamba di Ape sociale. Rilasciando la parte retributiva a 67 anni, si creerebbe una certa flessibilità nell’età di accesso alla pensione. Una misura definita dal Presidente Inps assolutamente sostenibile dal punto di vista finanziario, con un costo stimato di 453 milioni nel 2022 che salgono fino a 1,165 miliardi nel 2025. Si tratta però di anticipi di cassa, quindi una misura a costo zero e che consentirebbe il pensionamento di 50mila lavoratori in più nel 2022, 66mila nel 2023, 87mila nel 2024. Con il modello Tridico, ad essere maggiormente penalizzati sarebbero quelle persone che vanno in pensione in anticipo, che subirebbero un taglio importante al vitalizio.

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L’altra valida è quella del pensionamento per quote a 63 o 64 anni. Secondo questa proposta il pensionamento avverrebbe in due fasi: una prima fase al raggiungimento di 63 o 64 anni, a cui si può andare in pensione con la quota contributiva, accumulata per il 50% della pensione totale. Per la quota retributiva, ovvero l’altro 50% della pensione, si dovrebbe aspettare il compimento dei 67 anni. In attesa di percepire la pensione per intero, quella a rate potrà essere integrata solo in minima parte con un assegno da reddito da lavoro e non è cumulabile con misure quali il reddito di cittadinanza, l’ape sociale o altri sussidi statali.

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