Quota 102, cosa vuole davvero fare il Governo con le Pensioni

Ecco cos’è Quota 102, l’ultima proposta avanzata in tema di pensioni dopo la scadenza di Quota 100, a dicembre. 

Tra le numerose ipotesi che si succedono al Governo per capire cosa accadrà davvero per chi lascia il mondo del lavoro, a partire dal prossimo anno, spunta anche Quota 102. La quota 102 riprende il meccanismo di Quota 100, ma con requisiti differenti. La prima opzione, cioè Quota 100, permette di andare in pensione prima a 62 anni di età e con 38 anni di contributi. La seconda opzione, cioè quota 102, alza il requisito anagrafico a 64 anni di età lasciando intatti gli anni di contributi, cioè 38. La quota 102 è pensata come una misura sperimentale per il 2022, che dovrebbe essere sostituita da Quota 104 a partire dal 2023. Quest’ultima alza ancora il requisito anagrafico, passando a 66 anni di età e sempre con 38 anni di contributi.

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Anche per la quota 102, come per la quota 100, non dovrebbero essere previste penalizzazioni sull’importo di pensione finale. Le uniche penalizzazioni dovrebbero essere quelle che risultano dal versamento di un minor numero di contributi dunque senza aver raggiunto i normali requisiti pensionistici di 67 anni di età e almeno 20 anni di contributi.

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A bocciare la proposta la Lega ma anche i sindacati con la Uil che, attraverso Domenico Proietti, ha fatto notare come le proposte in campo non corrispondono al criterio di flessibilità. Il segretario confederale della Cisl, Ignazio Ganga, ha parlato di necessità di flessibilità per accedere alla pensione a partire dai 62 anni di età, senza alzare il requisito anagrafico rispetto alla quota 100.

La proposta Inps 

L’obiettivo condiviso da tutti è evitare un ritorno alla Fornero. Una via d’uscita per evitare lo scalone Fornero potrebbe essere andare in pensione a 63 anni con determinate penalizzazioni sull’assegno. Un’altra proposta viene da Pasquale Tridico e prevede l’assegno anticipato solo per la quota contributiva. Prevede l’uscita anticipata dal lavoro a 63 o 64 anni, usufruendo soltanto della pensione contributiva maturata a quella data. Per ricevere l’assegno completo, con in aggiunta la quota retributiva, bisognerà invece aspettare i 67 anni. Una sorta di pensione temporanea elaborata sulla base di ciò che il lavoratore ha creato fino a quel momento attraverso la sua contribuzione, che potrebbe essere l’altra gamba di Ape sociale. Rilasciando la parte retributiva a 67 anni, si creerebbe una certa flessibilità nell’età di accesso alla pensione.

Una misura definita dal Presidente Inps assolutamente sostenibile dal punto di vista finanziario, con un costo stimato di 453 milioni nel 2022 che salgono fino a 1,165 miliardi nel 2025. Si tratta però di anticipi di cassa, quindi una misura a costo zero e che consentirebbe il pensionamento di 50mila lavoratori in più nel 2022, 66mila nel 2023, 87mila nel 2024. Con il modello Tridico, ad essere maggiormente penalizzati sarebbero quelle persone che vanno in pensione in anticipo, che subirebbero un taglio importante al vitalizio.

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