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Licenziati con una videochiamata. L’ultima moda dei datori di lavoro

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Chiara Feleppa

Ai tempi dello smart working, anche il licenziamento passa per il web. Ecco cos’è accaduto ai lavoratori della Yazaki 

Il licenziamento è una cosa seria e dovrebbe essere trattato con le dovute accortezze. Peccato che, in tempi in cui lo smart working e l’online invadono ogni aspetto della vita sociale, anche i licenziamenti passino per Internet. Tre lavoratori della Yazaki Italia, società multinazionale che produce e commercializza cablaggi e sistemi di distribuzione elettrica per autoveicoli, sono stati licenziati nel corso di una videochiamata su Teams, piattaforma utilizzata da moltissimi lavoratori. Due dei tre dipendenti lasciati a casa sono a Torino mentre il terzo lavora al magazzino di Yazaki a Pastorano, in provincia di Caserta. Si tratta, riferisce La Stampa, di un uomo e una donna, quest’ultima apparenente alla Fisascat Cisl, cinquantenne, mamma e separata.

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Proprio la Filcams Cgil è scesa in campo per difenderne i diritti, supportata anche dalle altre associazioni che agiscono in rappresentanza dei lavoratori, dando tre giorni di tempo all’azienda per il ritiro dei provvedimenti di licenziamento, altrimenti via con lo sciopero. “Una decisione che dimostra come il valore umano è considerato pari a zero da questa multinazionale. La comunicazione è stata fatta dai responsabili italiani dell’azienda, dicendo che era stato deciso così a livello europeo e che loro non potevano farci niente”, dice Stefania Zullo, dirigente di Fisascat raccontando che i lavoratori sono stati chiamati uno per uno per ricevere la cattiva notizia. Un comportamento chiaramente non accettabile.

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“Non c’è stato il minimo dialogo, né un tentativo di ricollocamento per queste tre figure altamente professionalizzate”, racconta. Sembra anche che, sul licenziamento, ci fossero già diverse voci circa la strategie della multinazionale. “Avevamo chiesto un incontro lo scorso 10 settembre con l’azienda e in tutta risposta, nelle stanze dell’Unione Industriali dove ci avevano ricevuti, eravamo stati accusati di credere a notizie infondate. Anzi, ci era stato presentato un piano industriale improntato alla crescita, per una realtà che aveva fatto poca cassa integrazione nonostante la crisi: solo qualche settimana all’inizio del lockdown nel 2020”, racconta anche Stefania Zullo. La sindacalista denuncia che i licenziamenti sono arrivati senza alcun preavviso e senza alcun rispetto.

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